Gotica La Via
Paesaggi tra storia e natura

Paesaggi tra storia e natura

La Linea Gotica è la storia di territori aspri e di gente sconosciuta, di piccoli paesi e comunità che si ritrovarono sul passaggio di un fronte di guerra, teatro di battaglie cruente e di massacri di civili, che vide stazionare la guerra per mesi e mesi e sorgere spontaneamente la resistenza partigiana e forti sentimenti di fratellanza e solidarietà.

Oggi rimane un paesaggio bellissimo testimone di quanto è successo e del sacrificio di molti.

Uno scenario di distruzione e desolazione, che fu teatro di combattimenti fra l’esercito degli Alleati (USA, GB e altri) che avanzava dal Sud Italia e i nazifascisti in ritirata verso Nord.

Casetta di Tiara

In un borgo sperduto sulle montagne vicino a Firenzuola, c’è una lapide affissa sul muro della chiesa che ricorda le vittime della rappresaglia nazifascista del 10 Maggio 1944. Quel giorno una pattuglia di otto partigiani della 36a brigata Bianconcini Garibaldi, guidata da Giovanni Nardi “Caio”, mentre era in marcia di trasferimento dal Monte Faggiola al Cimone della Bastia, cadde in un’imboscata tesa da 120 soldati delle SS. Un sacerdote, Rodolfo Cinelli li soccorse, anche se invano, e uno di loro morì fra le sue braccia.

Oltre alla lapide per le vittime a Casetta di Tiara anche un tabernacolo ricorda l’opera del sacerdote.

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I Rifugi dei Partigiani – Le Spiagge ed i Diacci

Nella primavera ed estate del 1944, Le Spiagge ( 989 m s.l.m. oggi un ristorante con alloggio), diventarono il rifugio dei partigiani sfuggiti ai grandi rastrellamenti del Marzo 1944. Fu la prima sede del comando della 36ma Brigata Garibaldi “Bianconcini”Il gruppo era guidato da Bob (Luigi Tinti, medaglia d’argento).

Le prime due compagnie della Brigata Bianconcini si insediarono nella valle del Rovigo e si stanziarono a Le Spiagge, comandate da Bob e da Caio. La loro attività in quei mesi fu enorme e dilagante: occupazione di Casaglia, poi Firenzuola, poi ancora Palazzuolo, coinvolgendo nella guerriglia anche la popolazione, poi ancora gli attacchi ai cantieri della Todt (i cantieri per la costruzione della Linea Gotica) per disperdere chi ci lavorava, poi gli assalti alle colonne tedesche sulle carrozzabili del Santerno e del Lamone e i primi scontri aperti. La Brigata si ingrossò e qualche tempo dopo il comando si trasferì a Cà di Vestro, proprio al centro della valle.

Nella località I Prati i partigiani bloccarono il 9 Agosto 1944 i tedeschi che avevano organizzato un attacco alla Brigata Bianconcini, risalendo da più versanti (Toscano e Romagnolo). Il 12 Agosto risalendo da sud, i tedeschi furono fermati a Capanna Marcone (oggi un bivacco sempre aperto) da circa 70 partigiani, che dovettero fronteggiare l’incessante fuoco dei cannoni tedeschi, che proseguì anche il 13 e 14 Agosto spostandosi dalla valle del Rovigo a quella del Sintria.

Le Spiagge allora era una villa padronale (di un avvocato fiorentino), con casa colonica, ampie stalle piene di bovini e cavalli, una vasta tenuta agricola montana. Era ben arredata, con bagno, scorte alimentari e perfino una discreta biblioteca. Ma soprattutto si trovava in una zona strategica e nevralgica della battaglia del fronte perchè posta fra Altello e Carzolano, nella testata della valle del Rovigo.  Sulla sua sinistra si vedono il monte Pratone e il monte Altuzzo, dove gli Alleati sfondarono la Linea Gotica il 19 settembre 1944.

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IL Passo del Giogo – Lo Sfondamento degli Alleati della Linea Gotica

Nel settembre ’44 gli alleati attaccarono la zona del Passo del Giogo (Comune di Scarperia e San Piero (FI)) con grande spiegamento di truppe, riuscendo a creare una breccia di oltre 8 km, nel sistema difensivo tedesco della Linea Gotica.

Lo sfondamento della Linea Gotica nella sua parte centrale del Passo del Giogo fu scelto dal Gen. Clark (comandante della Quinta Armata), a sorpresa invece dell’attacco già pianificato della Linea Gotica al Passo della Futa, dove erano già posizionate truppe tedesche.

L’attacco iniziò il 13 settembre del 1944, ma trovò una forte resistenza dei Tedeschi, presso Monticelli e Monte Altuzzo. Dopo giorni di duri scontri e gravi perdite, grazie al rinforzo degli Inglesi, il 17 Settembre fu conquistato il Monte Altuzzo e il 18 Settembre gli alleati avanzarono sul territorio.

Monte Battaglia

L’ultimo bastione naturale da superare, dopo avere sfondato la Linea Gotica al Passo del Giogo e al passo della Futa, era Monte Battaglia, tra Casola Valsenio (RA) e Castel del Rio. Nella seconda metà del settembre 1944, la 5a Armata americana puntò su Firenzuola (FI) e proseguì in direzione di Castel del Rio e Imola.
La montagna era presidiata da un battaglione di patrioti italiani (36° Brigata Bianconcini) che agevolò l’entrata del Battaglione USA, come riporta uno storico americano:

«A dire la verità, benché i censori proibissero sul momento la notizia, truppe partigiane italiane operanti tra le linee in questo settore furono le prime ad occupare il Monte Battaglia, mantenendolo sino all’arrivo delle forze americane».

Seguirono quattro giorni di intensi combattimenti la BATTAGLIA di PUROCIELO, prima di far ritirare i tedeschi.

Un ufficiale inglese scrisse nel rapporto:  «Il castello, tutto in rovina, è praticamente sotto un bombardamento continuo. È cosparso di cadaveri americani a vari gradi di decomposizione. Ce n’abbiamo persino uno che pende di traverso da una finestra del nostro caposaldo. Siccome ci si può muovere soltanto di notte, al buio si continuano a calpestare teste, corpi, membra…».

Castel del Rio

Castel del Rio fu un punto nevralgico nell’inverno 44-45, dove per nove mesi stazionarono gli alleati, che a causa del mancato sfondamento della Linea Gotica al passo della Futa, furono costretti a deviare verso est nella valle del Santerno, causa mancato sfondamento alla Futa.

A Castel del Rio, l’Albergo di Cortecchio era un casolare semidiroccato posto nel fianco nord-est del Monte Faggiola, al confine con la Toscana, ma nel gennaio 1944 ospitò un gruppo di circa venti partigiani bolognesi, imolesi e faentini male armati e peggio equipaggiati, guidati da Giovanni Nardi e Luigi Tinti detto “Bob”.
Il 22 febbraio 1944 un centinaio di fascisti – nonostante l’alto strato di neve – attaccarono l’Albergo. I partigiani – mentre Nardi era in missione a Imola per incontrarsi con il CLN – opposero una debole resistenza e si sbandarono. Alcuni furono uccisi, altri restarono feriti e furono catturati. Nello scontro restò ucciso il comandante della colonna fascista. I partigiani superstiti si aggregarono alle formazioni partigiane in fase di costituzione su Monte Falterona.
Qualche tempo dopo, l’Albergo venne riutilizzato come base e vi fu costituita la 36a brigata Bianconcini Garibaldi.

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Trincee in Appennino – Grezzano

Il territorio attorno al piccolo borgo di Grezzano, alle pendici dell’appennino fiorentino, fra i passi del Giogo e della Colla di Casaglia ha vissuto da vicino le vicende legate al secondo conflitto mondiale, soprattutto durante la ritirata dell’esercito tedesco. Qui infatti, la resistenza partigiana e le rappresaglie naziste hanno lasciato segni e ricordi nella popolazione che partecipò alla costruzione della Linea Gotica: fra il Passo della Futa e il Passo del Giogo si concentrarono infatti le maggiori costruzioni dei sistemi di difesa, e per questo fu necessaria molta manodopera. La Todt per questo si avvalse dei prigionieri di guerra e reclutò numerosi cittadini della zona, che accettarono il lavoro per evitare l’arruolamento nella RSI ed altri per non rischiare di essere spediti in Germania.

Monte Giovi

Monte Giovi, un monte intriso di storia, racconti e vite legate alla resistenza. Da San Martino a Scopeto, fino a Barbiana e alla sua chiesa dove Don Lorenzo Milani fondò la sua scuola, una realtà educativa sperimentale che ancora oggi si pone come stimolo di riflessione nel pensiero educativo. Monte Giovi fu un luogo di accoglienza e ritrovo per organizzare la lotta di liberazione, il sentiero della Costituzione, il campo di prigionia tedesca, la figura di Don Egidio Brogi. A Padulivo il 10 luglio del 1944 un tragico evento bellico portò all’eccidio di 15 persone. Fonte alla Capra e Piramide dei Partigiani, dove ogni anno, nella seconda domenica di luglio, si tiene il raduno dei Partigiani e dei giovani. Vicino a tale monumento si trova Casa al Cerro che fu un’importante base per la divisione Arno-Potente.

Monte Cece e Casola Val Senio

Monte Cece è un’altura di 759 m s.l.m. che domina la valle del Senio.

Casola Val Senio è il principale centro della valle, sulla provinciale 306 detta anche “Arrow Route”.

Casola Val Senio fu liberata a fine Novembre del 1944 dall’8° Divisione Indiana, che sostituì gli inglesi nella zona, perché spostati a difesa del Monte Grande.

A Casola Val Senio è stato dedicato un monumento alla Medaglia d’oro Giuseppe Nembrini e ai granatieri del Gruppo “Friuli” caduti sul fronte del Senio e una lapide ai liberatori dell’8a divisione indiana.

Ca’ di Malanca

Ca’ di Malanca è sede del Museo Storico della Resistenza e della guerra di Liberazione e da qui iniziò la battaglia di Purocielo, che si svolse fra il 10, 11 e 12 ottobre 1944 e da qui passa “Il sentiero dei partigiani

Il “Centro residenziale Ca’ è il luogo dove, nell’ottobre del 1944 si fermò la 36a brigata Garibaldi che poi sostenne la nota “battaglia di Purocielo” contro i tedeschi (10-12 ottobre 1944). I

Ca’ di Malanca si trova su una vetta panoramica a 715 m.slm., sullo spartiacque tra le valli del Senio e del Santerno, sulla cui sommità si trovano i resti di un’antica rocca medievale, base nevralgica di battaglie sia degli americani che dei tedeschi per la guerra sul fronte appenninico. Qui si combatté una delle più sanguinose battaglie di tutta la Linea Gotica, a partire dal 27 settembre 1944, per giorni e al prezzo di centinaia di perdite da ambo le parti, i tedeschi affrontarono i partigiani della 36a brigata “Bianconcini”, gli americani del 350° reggimento dei “Blue Devils” dell’88a divisione e gli inglesi della 1a Guards brigade. A loro sono dedicate le lapidi che sulla sommità del monte circondano il monumento bronzeo “alla Resistenza, alla Liberazione e alla pace tra i popoli” dello scultore Aldo Rontini. Altre lapidi sono affisse sulle pareti del mastio medievale, mentre sulle pendici del monte sono ancora riconoscibili numerose trincee.

La Battaglia di Purocielo

A Purocielo (località che oggi si chiama Santa Maria in Gorgognano) dal 9 al 12 Ottore 1944 si svolse la più eroica e sanguinosa battaglia combattuta dalla 36a brigata Bianconcini Garibaldi che pagò un altissimo tributo di sangue, perché gli uomini erano inferiori per numero e armamento ai tedeschi, ma dettero prova di grande patriottismo e di un altissimo spirito di sacrificio.
I 700 partigiani guidati da Luigi Tinti “Bob”, comandante della brigata, il 9 ottobre giunsero nella valle del rio di Cò, tra il Senio e il Lamone, senza sospettare di essere finiti tra gli avamposti tedeschi e quelli alleati. La mattina del 10, trovarono la strada chiusa dai tedeschi che li attendevano dopo averli circondati durante la notte e mentre ripiegavano verso Ca’ di Malanca, al fuoco tedesco si aggiunse quello alleato, i cui cannoni batterono per errore le posizioni della brigata.
All’alba dell’11 i tedeschi, guidati dai fascisti, arrivarono di sorpresa a Ca’ di Gostino, sede del comando, e seminarono la morte. Uccisero numerosi dirigenti della brigata, ma il comandante Luigi Tinti e altri riuscirono a forzare l’accerchiamento. Prima di iniziare la ritirata notturna Tinti disse ai suoi uomini:

 «Compagni c’è andata male. Ora dobbiamo partire da qui. Avremo ancora molto da camminare, e forse, anche da combattere prima di salvarci. Dobbiamo stare tutti uniti, dobbiamo stare tutti su con il morale, perché il minimo sbandamento può costare caro a tutti. Chi non se la sente può andare via, nessuno gli dirà niente. Voglio che ognuno decida liberamente. Si capisce che chi se ne va lascia qui le armi».

Se ne andarono in una trentina.
I combattimenti proseguirono per tutta la giornata del 12, con i partigiani colpiti sia dai mortai tedeschi sia dall’artiglieria alleata. Dopo sei ore di combattimento il nemico si ritirò.

La Boston By Way intorno a Castel San Pietro

Nell’autunno del 1944, dopo la liberazione di Castel del Rio, i Blue Devils dell’88°  divisione americana, dopo alcuni giorni di intensi bombardamenti, conquistarono le vette di Monte Cerere il 19 ottobre, Monte Grande il 20 ottobre e Monte Calderaro il 23 ottobre, giungendo così a pochissimi chilometri dalla SS9, la via Emilia.

A causa del maltempo che limitava le operazioni belliche e a seguito della decisione degli alti comandi alleati di sostenere altri fronti di guerra, le nuove posizioni sulla Linea Gotica, ad eccezione di alcuni avanzamenti dal settore est, fino al fiume Senio, si arrestarono per tutto l’inverno, fino all’offensiva della primavera del 1945.

Questa nuova fase della Linea Gotica fu definita Linea d’inverno, la Winter Line. Per i partigiani e la popolazione civile di questa ampia zona furono mesi di lutti, sofferenze e distruzioni, con una parte del territorio già liberata e un’altra ancora sotto il giogo dell’occupazione tedesca.

Nel territorio di Castel San Pietro, le cime di Monte Calderaro (m. 568) insieme a quelle di Monte Grande (m. 607) e di Monte Cerere (m. 605), sono disposte orograficamente in modo tale da costituire una sorta di terrazza naturale che si affaccia sulla Pianura Padana, (the Po Plain), in prossimità della via Emilia.

Questo territorio conquistato dagli Alleati, un’insenatura circondata da tre lati in territorio nemico, costituì quello che in gergo militare si definisce “saliente”.

Un altro elemento caratterizzante è che su questo fronte di guerra si affrontarono complessivamente decine di nazionalità diverse.

Presso l’antica Pieve di Monte Cerere, distrutta completamente dai bombardamenti alleati dell’autunno 1944, si organizzarono nella primavera dello stesso anno, i primi nuclei partigiani che costituiranno la 66°  Brigata Garibaldi. Dalla vetta del Monte Cerere si poteva dominare la via Calvanella, denominata agli Alleati Boston By Way.

Mediante la spola continua tra le basi logistiche di San Clemente e le trincee di Monte Grande, spesso a dorso di mulo e sotto i bombardamenti, furono assicurati alle truppe rifornimenti, viveri e munizioni.

Il 12 dicembre 1944 la 1°Divisione Paracadutisti tedesca tentò di riconquistare la cima di Monte Cerere, proprio per l’importanza strategica del luogo. Riuscire a conquistarla avrebbe dato un duro colpo ai rifornimenti alle trincee di Monte Grande. Molteplici attacchi, che coinvolsero anche il vicino castello di Frassineto, furono però respinti dagli Argyll and Sutherland Highlanders appartenenti all’8°Divisione Indiana. Lungo via Montecerere è posizionata una lapide a loro dedicata.

In Via Tanari. A sinistra, si trova un pannello descrittivo, a cura del comitato La nostra Linea Gotica, a ricordo delle vicende belliche avvenute sul Monte Grande. È riportata la citazione del generale Clark, comandante della 5°  Armata Americana che, per spronare alla conquista della cima, dice al maggiore Kendall, comandante della 88° Divisione: “…la vedi la tua stella da generale? È lassù sul Monte Grande, vai a prenderla!”.

Questa altura divenne l’avamposto fortificato con trincee e accampamenti e restò saldamente in mano alle truppe alleate fino alla Liberazione. A Montecalderaro si sale verso il Memoriale del Saliente della Linea Gotica dove alla sommità sorgono i ruderi dell’antica Chiesa di San Martino, squarciata dai bombardamenti.

La rimozione delle macerie ha permesso di riportare alla luce il bel pavimento che rivela una curiosa coincidenza: le piastrelle sono decorate con un quadrifoglio blu del tutto simile all’emblema divisionale dell’88°Infantry Division americana. Accanto ai ruderi della Chiesa, c’è la scultura dell’artista castellano Decio Zoffoli, Il Prato della Memoria, a ricordo tutte le vittime di guerra.

È raffigurato un prato con decine di steli di ferro sui quali sono stati applicati reperti bellici ritrovati in gran parte in quei luoghi: bossoli, schegge, proiettili, filo spinato, a rappresentare i tanti morti della Linea Gotica.

Al centro del prato sorgono quattro sculture in coccio raffiguranti la sofferenza della guerra e tutt’intorno, incisa, la famosa frase di Elie Wiesel:

“La pace non è un dono che Dio fa agli uomini, ma è un regalo che gli uomini fanno a se stessi”.

Nei dintorni della chiesa sono ancora ben visibili i crateri causati dai bombardamenti aerei che devastarono l’intera zona.